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Honda e Nissan verso la fusione: Honda guiderà il terzo colosso automobilistico mondiale

Honda e Nissan trattatano per l’integrazione aziendale. Honda guiderà la holding con una quota maggioritaria. Possibile ingresso Mitsubishi.

Un importante accordo sta prendendo forma nel settore automotive giapponese. Honda e Nissan, che occupano rispettivamente il secondo e terzo posto nel mercato nazionale, stanno valutando un’integrazione che vedrebbe Honda in posizione dominante nella futura holding. Fonti vicine al dossier, citate da Jiji Press, indicano che la partecipazione azionaria verrà determinata principalmente in base alla capitalizzazione di mercato, dove Honda supera nettamente Nissan con 45 miliardi di dollari contro 11.

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Image: Nissan

L’accordo preliminare per l’avvio delle trattative è stato siglato il 23 dicembre. Tuttavia, gli analisti sottolineano come le difficoltà di Nissan, evidenziate dal calo delle vendite e degli utili, potrebbero complicare le negoziazioni. Un elemento significativo riguarda il possibile coinvolgimento di Mitsubishi Motors, quarto costruttore giapponese con una capitalizzazione di circa 5 miliardi di dollari, attualmente partecipata da Nissan. L’eventuale fusione a tre creerebbe un gruppo che si posizionerebbe dietro solo a Toyota e Volkswagen per volumi produttivi.

Gli equilibri di potere prevedono che Honda possa nominare oltre il 50% dei consiglieri di amministrazione, incluso il presidente della holding. La deadline per l’accordo definitivo è fissata a giugno 2025, con la definizione delle quote partecipative basata su valori azionari e fatturato. Secondo gli esperti interpellati da Jiji Press, in uno scenario di integrazione trilaterale, Honda manterrebbe il controllo sulle strategie aziendali e le decisioni cruciali.

Il contesto economico vede Honda alle prese con una revisione al ribasso del 14,2% delle stime di profitto per l’anno fiscale corrente. La situazione è più critica per Nissan, che fronteggia un drastico calo delle vendite in Nord America e Cina, pianificando una riduzione del 20% della capacità produttiva globale e 9.000 esuberi, pari al 7% del personale mondiale.