L’Unione Europea ha votato a favore dell’imposizione di dazi sulle auto elettriche importate dalla Cina, malgrado i tentativi della Germania di bloccare la proposta. La produzione di veicoli elettrici in Cina è recentemente aumentata in modo significativo, grazie agli sforzi del Paese per assicurarsi contratti e potenziare la propria industria automobilistica.
Con l’incremento della produzione è cresciuta anche la domanda interna di veicoli elettrici, così come le esportazioni verso l’estero. I veicoli elettrici cinesi, arrivati in mercati come l’Australia e l’Europa, sono stati accolti favorevolmente per il loro rapporto qualità-prezzo, facendo registrare un aumento delle vendite sia all’interno che all’esterno della Cina. Questa situazione ha messo in difficoltà i produttori europei, che faticano a competere con i prezzi più bassi offerti dai concorrenti cinesi.
L’Unione Europea ha accusato la Cina di inondare il mercato europeo con i suoi veicoli elettrici, sostenendo che il governo cinese applica pratiche di sussidio scorrette per sostenere l’industria automobilistica locale. Anche l’UE, tuttavia, sussidia i veicoli elettrici.
Per contrastare questo fenomeno, l’Europa ha deciso di imporre dazi variabili sulle auto elettriche cinesi, con aliquote che oscillano tra il 7,8% e il 35,3%, a seconda del produttore coinvolto. Queste tariffe sono molto inferiori rispetto a quelle recentemente imposte dagli Stati Uniti, che hanno aumentato i dazi dal 25% al 100% appena una settimana fa.
Votazione UE: la Germania tenta di opporsi
Ieri, si legge su electrek, la Commissione Europea ha approvato in via definitiva l’introduzione dei dazi. 10 stati membri hanno votato a favore, 12 si sono astenuti e 5 hanno votato contro, tra cui la Germania, il paese più popoloso e con la più grande industria automobilistica d’Europa.
Inizialmente, il voto è passato senza grandi opposizioni, con numerose astensioni, inclusa quella della Germania, che tuttavia ha poi deciso di cambiare posizione e votare contro nella seduta odierna. La Germania sperava di radunare più paesi per bloccare i dazi, ma l’obiettivo era difficile da raggiungere: sarebbero stati necessari 15 paesi e il 65% della popolazione dell’UE per annullare il precedente voto. Questa settimana è diventato chiaro che la Germania non sarebbe riuscita nell’intento.
Slovenia, Slovacchia, Ungheria e Malta si sono schierate con la Germania nell’opposizione, ma il sostegno di Italia, Francia e Polonia, insieme ad altri paesi come Irlanda, Danimarca, Paesi Bassi, Lettonia, Estonia, Lituania e Bulgaria, è stato sufficiente per approvare la proposta.
A prima vista potrebbe sembrare contraddittorio che la Germania, che ospita la più grande industria automobilistica europea, si opponga ai dazi destinati a proteggere proprio questo settore. Tuttavia, il motivo è legato al fatto che i produttori tedeschi vendono numerose auto di lusso e molto redditizie in Cina, temendo quindi ritorsioni sotto forma di dazi cinesi, una risposta frequente in caso di barriere commerciali.
La Cina, infatti, ha già dimostrato in passato di saper colpire in modo mirato con i suoi dazi di ritorsione. Nel 2018, in risposta ai dazi imposti dagli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, la Cina applicò una tariffa del 25% su prodotti americani, colpendo duramente, tra gli altri, l’industria della soia statunitense. La Cina ha già avviato indagini su alcuni prodotti europei, come brandy, latticini e carne di maiale, con i settori europei interessati che si sentono “abbandonati” dai loro governi di fronte a questa minaccia.
Oltre alla possibilità di dazi, i consumatori cinesi stanno sempre più preferendo marchi nazionali, parzialmente spinti da sentimenti nazionalistici dovuti alla percezione di un trattamento ingiusto da parte degli altri Paesi. La Germania teme che un dazio cinese sui veicoli europei possa accelerare il declino della sua posizione nel secondo mercato automobilistico più grande del mondo, escludendola da 1,4 miliardi di potenziali clienti.
Il voto contrario della Germania potrebbe però essere stato tattico: il Paese potrebbe voler ottenere i benefici protettivi dei dazi europei senza essere penalizzato dalla Cina, cercando di dimostrare a Pechino di aver fatto il possibile per fermare l’iniziativa, attenuando così il rischio di ritorsioni.
I dazi europei sono anche significativamente più bassi rispetto a quelli imposti di recente dagli Stati Uniti, e l’Europa ha avviato dialoghi con Pechino per negoziare ulteriori modifiche alle aliquote. Questo potrebbe rappresentare un’altra mossa strategica: mostrando una maggiore disponibilità al dialogo rispetto agli USA e applicando dazi più “ragionevoli”, l’UE potrebbe cercare di apparire meno aggressiva e quindi meno suscettibile di ritorsioni.